sabato 14 marzo 2009

LA ROMAGNA AI ROMAGNOLI! (dell'On.Stefano Servadei)

Ricevo e pubblico....
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On. Dott. STEFANO SERVADEI
Forlì ,Via Valsalva, 8
Forlì, 8 marzo 2009

La parola agli elettori!
In questi quasi vent’anni di vita ed attività del Movimento per l’Autonomia della Romagna (M.A.R.), il PCI—PDS—DS—PD ha sempre rifiutato aperti confronti con noi, quasi ché fossimo degli appestati, e che il tema dell’autonomia amministrativa del nostro territorio non fosse fondamentale per la comunità che lo abita.
Ledendo, in ogni caso, il costume democratico, il quale vive e si alimenta di confronti ed approfondimenti essenzialmente pubblici, col coinvolgimento di quanti più cittadini possibile, anche in omaggio alla loro “sovranità”. E, dunque, alla loro necessità di partecipare e di conoscere per potersi, al momento delle decisioni, adeguatamente esprimere.
In questo largo spazio temporale, il partito in questione ha, tuttavia, sentito il bisogno di proporre, di tanto in tanto, sue soluzioni definite alternative rispetto alla ipotesi autonomistica. Con ciò riconoscendo esplicitamente che molte cose nei rapporti fra Emilia e Romagna non vanno, ed esigono una Romagna più forte, unita ed agguerrita in ogni sede contrattuale.
Si è, così, parlato, via via, di “tavolo romagnolo”, di “sistema Romagna”, di “Provincia Romagna”, di “Città metropolitana romagnola” ecc. senza preoccupazioni sulla fattibilità, e senza tentativi di passare dalle parole ai fatti.
Perché, dunque, questa estemporaneità a vuoto, spalmata su di un periodo temporale di quasi vent’anni? Evidentemente a riconoscimento di una reale situazione di sofferenza romagnola rispetto all’egoistica egemonia delle “zone forti emiliane”, testimoniata da qualsiasi seria rilevazione in fatto di redditi, finanziamenti, servizi, infrastrutture, ecc. E per far tacere, anche se con ipotesi inconsistenti, parte della loro base e del loro elettorato. Le quali, sulla base del “senso di appartenenza” e delle quotidiane esperienze, sono portate ad accreditare la battaglia autonomista.
Per tutto questo, non considero una provocazione chiedere, oggi, al PD, impegnato nella preparazione delle liste e dei programmi per le elezioni amministrative del 6—7 giugno p.v., dove sono finiti il “tavolo romagnolo”, il “sistema Romagna” e le altre strutture sopra ricordate, che vennero via via promesse ai concittadini al dichiarato scopo di dare più peso alla Romagna nei quotidiani rapporti con l’Emilia, e di rendere superflua l’ipotesi autonomistica.
Tanto più che siamo alla vigilia del “federalismo fiscale”, il quale esalta ulteriormente il ruolo regionale e le relative responsabilità. E sarà tanto più protagonista se rappresenterà tutte le potenzialità del Paese a tale livello, senza smagliature e vuoti di sorta.
Va ricordato, ancora, che l’obiettivo “nuove Regioni” continua ad essere contemplato dalla nostra Costituzione, come al momento della nascita della piccola Regione Molise. Per la quale gli atti parlamentari ci testimoniano che la forza politica più impegnata allo scopo fu l’allora PCI. Ai cui eredi non dispiaccia, pertanto, se avanziamo la seguente domanda: “i molisani sono forse cittadini italiani con maggiori diritti dei romagnoli?”.
Se l’attuale vita amministrativa romagnola è ripiegata su se stessa, rifluita alla dimensione municipale, incapace di pensare ed elaborare grandi progetti e di qualsiasi compattezza, senza alcun peso agli sportelli bolognesi ed agli altri che contano, priva di “filo diretto” coi Governi di Roma e Bruxelles, di chi è la colpa se non di chi la egemonizza da tanto tempo, ed anziché plaudire l’ipotesi autonomistica (che è promozione ed assunzione di maggiori responsabilità in ogni campo) la osteggia, richiamandosi ad alternative del tutto inesistenti?
La parola agli elettori!

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